Un sondaggio inviato ai 70 mila utenti stranieri iscritti alla newsletter del portale immobiliare per l’estero. Continua l’impegno di Gate-away.com per sensibilizzare al problema del Gender Gap.

In molti paesi, la problematica del divario di genere dal punto di vista lavorativo è trattata seriamente e ha innescato un percorso di consapevolezza importante – si pensi allo sciopero delle donne in Finlandia di qualche settimana fa – il team di Gate-away.com ha per questo interrogato i propri utenti stranieri (dicevamo, 70 mila in tutto il mondo) sulle loro personali esperienze vissute direttamente/indirettamente sul posto di lavoro.

Chi è l’utente straniero tipo che ha risposto al sondaggio sul gender gap?

Al sondaggio ha risposto per il 64,1% maschi e il 35,2% femmine; lo 0,7% ha preferito non definirsi.

Il 72,9% degli utenti stranieri ha una laurea o titoli maggiori e il 61,2% lavora ancora. Le maggiori risposte arrivano dagli Stati Uniti (50,4%); Regno Unito (9,3%); Australia (4,4); Svezia (3%) e Olanda (2,6%).

Il 37,8% è stato vittima o ha assistito a discriminazioni di genere sul lavoro

Gli stranieri hanno fornito anche dei dettagli, aneddoti sulla propria esperienza lavorativa, che confermano come anche paesi in cui la discriminazione di genere è in diminuzione sia, purtroppo, ancora una costante. Hanno descritto minori opportunità per le donne, disparità di retribuzione per lo stesso lavoro di un uomo. E, in alcune occasioni, anche molestie sessuali sul posto di lavoro.

  • “Sono una donna che ha lavorato nel settore dei trasporti negli anni ottanta. Le donne venivano costantemente escluse dalle promozioni in quanto tali”;
  • “Come corrispondente estero di una società americana, per anni sono stata pagata il 30% in meno rispetto ai colleghi maschi con qualifiche simili e che svolgevano lo stesso lavoro”.

Questi, evidentemente, sono aneddoti che riguardano il secolo scorso, ma non per questo meno attuali, anche se con una diffusione minore, almeno in qualche paese. Infatti abbiamo registrato più recenti:

  • “Durante un colloquio mi è stato detto che la persona che assumeva voleva un uomo per quel lavoro, anche se io avevo tutte le qualifiche”;
  • “Le donne qualificate non vengono assunte o vengono scartate per una promozione”.

Come lo stato civile influenza il gender gap (in ambo i sessi)

Lo stato civile di ambo i sessi sembra ancora pregiudicare il ruolo lavorativo. Ma in maniera diversa. Se un un uomo sposato ha maggiori possibilità di un uomo single, anche in un posto di lavoro a guida femminile, una lavoratrice che rimane incinta può essere retrocessa a mansioni minori.

  • “Ero un uomo single di 30 anni il cui percorso di carriera è avanzato più lentamente rispetto a chi era sposato”;
  • “Ho ottenuto una promozione dopo un paio di mesi. Quando ho detto al mio capo, che era una donna, che aspettavo un bambino, ha detto che se avesse saputo che sarei rimasta incinta non mi avrebbe mai raccomandato per la promozione. E mi ha retrocesso”;
  • “Sono stata assistente esecutiva diversi anni fa, quando ero ancora una donna single. La mia retribuzione era molto inferiore a quella di un uomo in una posizione di pari responsabilità/valore. Mi è stato semplicemente detto che l’uomo che ricopriva questa posizione era il capofamiglia e aveva una famiglia di cui occuparsi”.

Veniamo al punto, al solito punto: essere madre è considerato un problema in ambito lavorativo non solo in Italia ma, evidentemente anche nel resto del mondo. Ecco qui una delle esperienze più significative:

“Lavoro nel settore sanitario come anestesista. Dove sono ora sono trattata allo stesso modo. Nel lavoro precedente, le donne erano trattate in modo diverso, quasi considerate inferiori perché avevano figli e dovevano essere mamme/mogli oltre che dipendenti a tempo pieno. Gli uomini potevano tranquillamente rimanere fino a tardi perché avevano le mogli a casa a fare tutto il resto”.

Il 36,7% pensa che il proprio Paese dovrebbe fare qualcosa per arginare questo problema

E la maggioranza degli stranieri ritiene che il proprio paese dovrebbe impegnarsi per la parità di distribuzione e per l’assistenza all’infanzia. Il 16% sostiene che i dipendenti non ricevono la stessa retribuzione a parità di incarico, rispetto al genere di appartenenza. Per il 20% le promozioni non si basano esclusivamente sulle prestazioni dei dipendenti.

Un dato importante e significativo – emerso tra le risposte aperte che gli stranieri hanno potuto dare – è che spesso ci si sofferma solo sul concetto di ingiustizia sociale quando, invece, la parità di genere rappresenta una vera e propria opportunità per le aziende, che dovrebbero basare la selezione del personale e le promozioni esclusivamente sulle capacità.

Gate-away.com in questo periodo sta somministrando un questionario agli agenti immobiliari italiani, per fotografare la situazione della parità di genere nello specifico settore del real estate.

Nei prossimi giorni pubblicheremo i risultati.